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“Il Sentiero delle 100 torri“ di Andrea Lezzi
Il Cammino delle 100 Torri si trova in Sardegna e ripercorre l’intera costa dell’isola dando vita ad un itinerario di 1284 km. Le torri costiere sono delle strutture fortificate, erette lungo i litorali della Sardegna, con il compito di difenderla e avvistare i pericoli dati dagli invasori saraceni.
Dal 1570 il re Filippo II di Spagna creò la Reale Amministrazione Delle Torri con la costruzione di nuove torri e la fortificazione di quelle esistenti. Vennero così erette 105 torri costiere.
Dopo il 1815 la perdita di interesse strategico e di protezione fece sì che pochi anni dopo nel 1842 il re Carlo Alberto di Savoia decretò la soppressione della Reale Amministrazione delle Torri
Alcune di esse andarono in abbandono, altre continuarono ad essere utilizzate per scopi di controllo del territorio.
Nel corso della seconda guerra mondiale alcune vennero riutilizzate per scopi bellici. Accanto alle torri sono state esaminate piante presenti in loco.
Nei sentieri che salgono in quota si presentano panorami spettacolari.
Lungo i sentieri si incontrano anche animali come la testuggine sarda così detta perchè, pur originaria della Grecia, è ormai diffusa nell’isola.
In riva al mare si trovano la santolina delle spiagge, la salsola ed il limonium.
La Carlina gummifera è così chiamata per il contenuto gommoso della radice.
All’interno si trova l’Acacia Horrida, pianta invasiva caratterizzata da lunghe, dure ed acuminate spine.
Altri esemplari quali Euphorbia, Thymelaea e Silene.
“Lavande: profumate distese viola. Le ultime scoperte” di Andrea Lezzi
“El Jardin Botanico de Miranda de Ebro” di Andrea Lezzi
La conferenza illustra un piccolo ma ben curato giardino botanico spagnolo situato 70 Km a sud di Bilbao, nella località di Miranda de Ebro, posta a 471 m slm sulle rive del fiume più lungo di Spagna, l’Ebro. L’area del giardino occupa circa 2400 metri quadrati attigui ad un ex convento ed è situato nello spazio destinato alle antiche coltivazioni di erbe medicinali ed orto fin dal XVI secolo. Esso è diviso in 7 terrazze che si adattano perfettamente alla forte pendenza della collina, identificate ognuna da una tipologia diversa di piante: le rose, le piante da frutto, le aromatiche, i cactus, le mediterranee, le rampicanti e le autoctone. Fino al 1989 erano ancora presenti le suore, dal 1990 il giardino è stato acquisito dal Comune e, dopo i lavori protrattisi fino al 1998 con uno scrupoloso rispetto del terrazzamento a scaloni, è stato aperto il Jardin Botanico che comprende più di 700 varietà di piante diverse.
Tra le Rosacee ricordiamo l’Exochorda macrantha dai bei fiori bianchi a 5 petali ed il Prunus lusitanica, alberello dai giovani rami di colore rosso.
Tra gli alberi da frutto degno di nota il nocciolo contorto Corylus avellana contorta, splendido a fine inverno per poterne apprezzare la forma dei rami ed i lunghi amenti gialli.
Le erbe aromatiche comprendono rosmarini, mente, salvie.
Numerosi gli esemplari di piante grasse esposte: mammillarie, opunzie, echinopsis.
Tra le piante mediterranee presenti ricordiamo il Cistus laurifolius dai grandi fiori bianchi e dalle foglie a forma di alloro e l’Ilex castaneifolia dalle foglie che ricordano quelle del castagno.
Tra le piante rampicanti lo splendido esemplare di Actinidia kolomikta caratterizzato da foglie variegate verdi e bianche che in autunno virano rispettivamente sul ruggine e sull’arancione.
Tra le piante autoctone l’Ilex aquifolium myrtifolia che produce una grande quantità di polline ed è quindi un eccellente impollinatore. La conferenza si è chiusa con una breve descrizione del Jardin Botanico di Bilbao e delle piante più interessanti ivi presenti.
“Due Giardini botanici al cospetto del Re” di Andrea Lezzi
I due giardini botanici richiamati nel titolo si trovano nel basso Piemonte e precisamente in provincia di Cuneo il Giardino botanico “Villa Bricherasio” ed in provincia di Torino il Giardino botanico alpino “Bruno Peyronel”.
Sono entrambi accomunati dal fatto di essere alle falde del Monviso che, secondo una antica leggenda del luogo, era soprannominato “il Re di pietra” del titolo.
Il Monviso si erge infatti, dall’alto dei suoi 3841 metri slm e per la sua forma piramidale, come un vero Re di roccia ed è ben visibile nella sua imponenza dall’intera pianura piemontese. È stato tra l’altro considerato fino a pochi secoli orsono come la più alta montagna di tutte le Alpi proprio per la sua imponenza e visibilità.
Il Giardino botanico “Villa Bricherasio” si trova a Saluzzo a 340 metri slm su una superficie di 12.000 mq.
È di proprietà di Domenico Montevecchi, ex frutticultore ed esperto botanico, che ha pian piano espiantato tutti i suoi alberi da frutta presenti ed ha creato da circa 25 anni a questa parte uno splendido giardino aperto al pubblico da circa dieci anni dove sono presenti piante provenienti dai quattro angoli del mondo.
Sono divise in zone fitoclimatiche diverse: quella della flora mediterranea, quella temperata fredda e quella continentale.
Si va dall’Alpinetum dove sono presenti più di mille tra Crassulacee, Sempervivum oltre a varie altre specie. Tali piante vegetano senza bisogno di interventi anche a livello irrorativo.
Vi sono poi bambù, palme, una collezione di rose, l’orto ed una parte a frutteto.
Da segnalare alberi quali il banano di montagna (Asimina triloba) ed il banano porpora dell’Abissinia (Musa ensete maurelii), l’albero del miele (Evodia danielli), la Ptelea trifoliata.
Rimarcabili infine una gigantesca Gunnera manicata e le piante acquatiche quali Nelumbo nucifera, Victoria regia amazonica ed Euryale ferox, queste ultime due generalmente coltivate in Italia in serra e solo qui all’aperto.
Sono stati mostrate immagini del primo rifugio costruito dal CAI sulle Alpi italiane, il Rifugio Alpetto situato a 2368 metri slm, ora restaurato ed adibito a museo nonché il “Buco di Viso”, primo traforo alpino delle Alpi aperto nel lontano 1480 a circa 2900 metri slm per facilitare lo scambio delle merci tra il Marchesato di Saluzzo e la Provenza francese.
Il Giardino botanico alpino “Bruno Peyronel” si trova invece in Valle Pellice a 2290 metri slm su una superficie di circa 17.000 mq.
Si tratta di un giardino inserito nell’oasi del Barant ed anch’esso diviso in zone: salici, valletta nivale, creste alpine esposte, pascoli alpini, margini lacustri e zona umida.
Tra le oltre 300 specie presenti ricordiamo come esempi il Salix serpillifolia, diversi esemplari di trifoglio tra i quali il Trifolium badium, l’Aster alpinum, la Nigritella corneliana (orchidea presente nelle sole Alpi francesi e sulle Alpi Cozie) ed il fiordaliso alpino (Centaurea nervosa).
“La Strada delle Camelie della Galizia” di Andrea Lezzi
Prima di addentrarci lungo la Strada delle Camelie della Galizia qualche breve cenno sulle caratteristiche, sulle specie e sulla coltivazione della Camelia.
Il Genere Camellia appartiene alla famiglia delle Theaceae ed è originario delle zone tropicali dell’est asiatico.
Il nome fu dedicato da Linneo al botanico e missionario gesuita ceco Georg Joseph Kamel, vissuto nella seconda metà del seicento, per i suoi studi sulla flora delle Filippine che firmava col nome latinizzato di Camellus.
Le prime piante arrivarono dalla Cina in Inghilterra nel 1735 mentre in Italia la prima Camelia giunse nel 1782 e fu piantata nel giardino della Reggia di Caserta da Maria-Carolina di Asburgo Lorena.
Le caratteristiche: Il portamento può essere arbustivo o ad alberello, le piante sono sempreverdi, alte fino a 15/20 metri e si adattano molto bene a climi umidi e temperati. Le temperature invernali non devono scendere troppo sotto lo zero e quelle estive non devono superare i 32° ma con un’elevata umidità ambientale e del terreno. L’apparato radicale è raccolto e addensato. Le foglie sono semplici, alterne, generalmente di colore verde scuro, lucide, coriacee, con margini lisci o crenati mentre i fiori sono semplici, semidoppi o ad anemone, a peonia, doppi o “doppi classici”
Le principali caratteristiche per identificare i fiori attraverso la loro forma
Fiori semplici: un solo rango di petali (non più di 8) disposti regolarmente o irregolarmente; stami prominenti
Fiori semidoppi: due o più ranghi di petali disposti regolarmente o irregolarmente; stami prominenti
Fiori ad anemone: uno più ranghi di ampi petali appiattiti od ondulati; al centro è presente un folto, prominente ciuffo di stami e petaloidi frammisti
Fiori a peonia: rotondeggianti, con fitti petali non regolari, frammisti al centro con petaloidi e talvolta pochi stami
Fiori doppi: a bocciolo di rosa, con petali parzialmente sovrapposti l’uno all’altro a completa apertura
Fiori doppi classici: tradizionali, con più ranghi di petali perfettamente imbricati (cioè che si coprono parzialmente a vicenda), senza stami apparenti.
Il colore dei fiori varia dal bianco al rosa, al rosso fino al fucsia; alcuni fiori possono essere screziati; sono generalmente privi di profumo, più raramente molto profumati; la fioritura avviene dall’autunno fino alla primavera inoltrata a seconda delle varietà.
La coltivazione: Gradiscono terreno acido, ricco di humus, fresco e ben drenato; non deve essere in ogni caso calcareo; l’esposizione ideale è a mezz’ombra, cioè con sole filtrato da piante ad alto fusto e mai in zone molto ventilate od in pieno sole. L’acqua piovana è ideale per le irrigazioni; se l’acqua è calcarea il terreno inizialmente acido subirà un lento ma progressivo degradamento per accumulo di sali di calcio. La potatura deve essere effettuata in maniera non drastica a causa del lento accrescimento della pianta e si concentrerà in tagli solo per correggere o migliorarne l’aspetto. La sbocciolatura viene effettuata in caso di sovrabbondanza di fiori o di boccioli addossati l’uno all’altro. La moltiplicazione avviene per semina, talea (quello maggiormente consigliabile), margotta od innesto.
I nemici della camelia: L’oziorrinco, coleottero nero lungo circa 1 cm che si nutre delle foglie deturpandole lungo i margini; gli afidi neri che infestano i giovani germogli alla fine della fioritura; le cocciniglie, sia sotto la forma di scudetti giallastri sia di ciuffetti cotonosi; la clorosi che provoca l’ingiallimento delle foglie e che è dovuta all’alcalinità del terreno o all’esistenza di ristagni di umidità; le gelate o la neve rimasta sulle foglie possono provocare bruciature sulle stesse.
Le specie principali:
Camellia sinensis, dalle cui giovani foglie in Asia si ricava il tè; può crescere fino a 2 metri ma in genere viene coltivata ad arbusto per facilitare la raccolta; i fiori sono piccoli, bianchi, con stami giallo-oro; una foglia fresca contiene circa il 4% di caffeina;
Camellia japonica, originaria del Giappone, forse la più coltivata nei giardini come pianta ornamentale; la sua fioritura inizia nelle varietà precoci alla fine dell’autunno per protrarsi in altre fino a primavera ed è caratterizzata da corolle a fiori doppi od a forma di rosa appiattita; la Camellia japonica è coltivata in Italia nella zona dei laghi prealpini Verbano (Villa Taranto) e Lario, nonché in Lucchesia e nella zona dei vulcani laziali (Velletri) e campani;
Camellia sasanqua, caratterizzata da portamento espanso o eretto e molto ramificato con foglie piccole; fiorisce da fine estate a fine autunno con grande abbondanza di fiori, prospera anche in posizioni molto luminose; qualche varietà è profumata mentre altre protraggono la fioritura fino a marzo;
Camellia reticulata, arbusto semirustico con foglie ovali e grossi fiori singoli primaverili.
Così come per le zone elencate in Italia così la Galizia, per il suo terreno e per il suo particolare clima mitigato dall’Atlantico, è molto favorevole alla coltivazione delle camelie. E proprio nella sua parte Ovest è presente la “Strada delle Camelie della Galizia”, un percorso che lega 12 tra giardini privati e pubblici nei quali sono presenti collezioni ed alberi secolari di questa splendida pianta.
Tra i giardini pubblici ricordiamo il parco di Alameda a Santiago di Compostela ed il giardino di Vigo.
Tra quelli privati i più importanti sono il “Pazo de Oca” pochi chilometri a Sud di Santiago de Compostela ed il “Castello di Soutomaior” posto sulle colline tra Pontevedra e Vigo.
Altri giardini privati sono il “Pazo di Rubians” e la “Casa Museo Rosalia da Castro”
“Le mura verdi di Roma raccontano che…” di Andrea Lezzi
Le antiche mura di Roma, fin dai tempi degli antichi romani, sono sempre state oggetto degli insediamenti da parte delle più svariate piante, piccole o grandi, che hanno trovato modo di svilupparsi sopra di esse o fra gli interstizi presenti tra un mattone e l’altro.
I primi esempi li possiamo trovare al Foro Palatino dove in mezzo alle rovine del luogo dove Roma fu fondata è possibile trovare esemplari di Ficus carica o di Clematis vitalba così detta dai fiori bianchi e profumati di vaniglia che la contraddistinguono.
Se ci trasferiamo nella zona dell’Aventino, vicino alla chiesa di S. Sabina è possibile vedere 2 esemplari di Cupressus sempervirens cresciuti sopra un muro mentre nei pressi del complesso dei Cavalieri di Malta troviamo la Bryonia dioica, rampicante delle Cucurbitacee con bacche velenose, rosse a maturazione, che scende da una parete alla ricerca di un supporto su cui avvilupparsi.
Da Ponte Sublicio si scorgono i muraglioni del Tevere, costruiti negli ultimi decenni del Novecento per evitare i danni provocati dalle continue esondazioni del fiume. Ma anche sopra tali strutture crescono svariate piante, un esempio delle quali è il Rubus fruticosus.
Le storiche mura di Roma sono: le Mura Serviane costruite nel IV secolo a.C. dal re Servio Tullio, oramai quasi totalmente scomparse se non in poche emergenze presenti qua e là per Roma, le Mura Aureliane, le più famose ed imponenti, costruite nel III secolo d.C. sotto l’imperatore Aureliano e le Mura Gianicolensi che esamineremo di seguito più in dettaglio.
Le Mura Gianicolensi furono volute da Papa Urbano VIII Barberini per difendersi dalla possibile minaccia dei Farnese dopo che il nipote del Papa Taddeo Barberini aveva invaso i possedimenti farnesiani di Castro e Ronciglione. Furono costruite in pochi anni, dal 1641 al 1644, anno in cui era già salito al soglio pontificio Papa Innocenzo X Pamphili, il cui stemma campeggia sulla attuale Porta Portese, perchè terminata quando Papa Urbano VIII era già morto.
Esse non subirono però in quegli anni alcun attacco perché la vertenza fu conclusa con la pace di Venezia che restituiva i possedimenti ai Farnese. Già vicino Porta Portese possiamo vedere alcune piante tipiche che crescono tra i mattoni quali Cymbalaria muralis, Fumaria capreolata ed addirittura una piccola pianta di pomodoro.
Risalendo le mura verso Villa Sciarra possiamo apprezzare accanto allo stemma di Urbano VIII numerose piante di Capparus spinosa con il suo vistoso fiore bianco con sfumature viola, forse la regina delle piante dei muri di Roma, nonché una giovane pianta di Pinus pinea.
Continuando a costeggiare le mura si arriva a Porta S. Pancrazio, costruita al posto dell’antica Porta Aurelia e poi restaurata dopo gli scontri avvenuti nel 1849 tra i soldati della Repubblica Romana con in testa Giuseppe Garibaldi, assediati con forze preponderanti dalle truppe francesi chiamate da Papa Pio IX Mastai-Ferretti per ristabilire il potere temporale della Chiesa. Nei pressi si nota una stupenda pianta rampicante, la Bignonia tweediana (o Doxantha unguis-cati) così detta per la forma a unghie di gatto dei suoi viticci rampicanti.
Scendendo verso Porta Cavalleggeri, nei pressi dell’antica Porta Settimiana troviamo lungo le mura esemplari di Centranthus ruber appartenente alla famiglia delle Valerianacee, Ailanthus altissima pianta infestante e con uno sgradevolissimo odore, Ruta graveolens, Morus nigra dalle dolci bacche, famose per le gustose granite siciliane.
Ritornando verso Porta S. Pancrazio troviamo la facciata dell’antica casa detta di Michelangelo, qui ricostruita davanti ad un serbatoio dell’ACEA nei cui interstizi è nata una pianta di leccio (Quercus ilex), caratterizzata per essere una sempreverde, a differenza della maggior parte delle altre querce.
A conclusione del giro fatto per Roma terminiamo con un pensiero presente su un muro dell’Aventino nel quale viene ben spiegato, probabilmente da uno straniero, perché viviamo nella città più bella del mondo.