Un sogno giapponese a Londra: il Kyoto garden di Holland Park
L’erba bassa e regolare, i sentieri tratteggiati ad arte, le nannies (bambinaie) con i piccoli per mano, gli scoiattoli che ti spiano dai cespugli per poi afferrare dalle tue dita − timidi e cauti − il biscotto che porgi loro e scappar via in un baleno: a prima vista, Holland Park sembrerebbe un giardino di Londra come tanti.
Incastonata tra i distinti quartieri di Kensington e Notting Hill, a poche centinaia di metri dall’allegra confusione di Portobello Road, l’area si estende per circa ventidue ettari, lontano dal frastuono e dalle folle della metropoli. Il nucleo originario risale all’inizio del XVII secolo, quando Sir Walter Cope, Cancelliere dello Scacchiere (vale a dire ministro delle finanze) sotto Giacomo I, diede vita a Cope Castle, una villa in stile giacobiano di cui purtroppo rimane solo quel che è sopravvissuto ai bombardamenti tedeschi del secondo conflitto mondiale. Nel corso del 1600 la proprietà fu ereditata dal conte d’Olanda (da cui, appunto, il nome Holland Park); secondo alcuni, il fantasma di una sua discendente, Lady Diana Rich, vagherebbe tutt’oggi nell’antica residenza. Qui, nell’Ottocento, sotto la benevola protezione dei nobili padroni di casa, si riunivano alcuni dei più noti letterati dell’epoca, quali George Gordon Byron, Benjamin Disraeli, Charles Dickens e Walter Scott; e intorno all’orangerie, appena superate le odorose aiuole di lavanda che bordeggiano parte del giardino all’olandese, sotto il pergolato decorato con un vasto trompe-l’œil popolato di eleganti figure, pare ancora di sentire le voci di quel tempo.
Dicevamo: Holland Park, a prima vista, parrebbe dunque essere una delle tante, vecchie tenute inglesi con un passato di tutto rispetto, accessibile al pubblico a partire dal 1952, e ai giorni nostri comprendente − fra l’altro − campi sportivi, un teatro all’aperto, un cafè e persino un ostello della gioventù. Nel suo centro, quasi volesse custodirlo dai turisti distratti o dai passanti frettolosi, serba ciò che, con buone probabilità, lo ha reso più celebre nella capitale britannica: il Kyoto garden, impeccabile e intimo spazio verde alla maniera estremo-orientale, realizzato grazie alla Camera di commercio dell’omonima città nipponica per celebrare il Festival giapponese di Londra del 1991.
Malgrado la naturalezza e l’apparente libertà delle diverse componenti del paesaggio, come in ogni giardino di stile nipponico ciascun elemento è frutto di oculate scelte e sapienti armonie. La pietra delle lanterne e delle pavimentazioni − su cui di tanto in tanto si avventura qualche pavone ospite del parco − si alterna alle acque mobili, riunite in una cascatella e in un laghetto in cui nuotano pigre e serene carpe dal dorso dorato. A cornice e coronamento del tutto, una flora che rievoca il Sol Levante: troviamo infatti l’acero giapponese (Acer palmatum ‘Senkaki’), la cryptomeria (Cryptomeria japonica), la magnolia kobus (conosciuta anche come magnolia kobushi), il cercidiphyllum (noto anche come katsura) e, naturalmente gli immancabili ciliegi (Prunus ‘Kanzan’, Prunus ‘Ukon’ e, infine, Prunus serrulata, il cosiddetto sakura nipponico).
In ogni stagione il Kyoto garden offre nuove prospettive agli occhi del curioso e, ancor più, del botanico appassionato: che la neve contrasti con le rocce brillanti d’umidità o che una coltre autunnale faccia risplendere l’aria d’oro, il parco non smarrisce mai la sua bellezza semplice ma raffinata.
Anna Lisa Somma
Le foto che accompagnano l’articolo sono dell’autrice.
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