“I licheni: un felice connubio tra due esseri viventi” di Marcello Zampetti
Tutti gli esseri viventi sono in relazione tra loro e questa si manifesta attraverso varie forme (competizione, parassitismo, predazione, ecc.) ma la simbiosi e quella sola relazione nella quale i due organismi ne traggono un vantaggio reciproco. Tra le varie forme di simbiosi in natura si può dire che l’associazione tra funghi e alghe rappresenta la “simbiosi perfetta”, un vero successo biologico. Le ife fungine e le alghe sono “intimamente appressate le une alle altre” [fig. 1]. Le alghe hanno la proprietà di utilizzare l’azoto presente nell’aria e metterlo a disposizione del lichene (alghe azzurre) oppure attendono alla sintesi clorofilliana (alghe verdi). I funghi forniscono al lichene l’acqua e sostanze nutritizie. Questa intima associazione fa si che i licheni riescono a vivere anche in ambienti estremi come il freddo glaciale delle regioni artiche e il caldo intenso delle aree desertiche. Nel 2005 è stato effettuato un interessante esperimento. Ecco un estratto di quanto pubblicato da Le Scienze in quell’anno:
In un esperimento condotto da Leopoldo Sancho dell’Universidad Complutense di Madrid, due specie di licheni – Rhizocarpon geographicum e Xanthoria elegans – sono state sigillate in una capsula e lanciate a bordo di un razzo Soyuz, il 31 maggio 2005. Una volta in orbita attorno alla Terra, il coperchio del contenitore si è aperto e i campioni sono stati esposti all’ambiente spaziale per circa 15 giorni, prima che la capsula si richiudesse e tornasse sulla Terra. I licheni sono rimasti nel vuoto dello spazio a temperature che variavano da -20 °C (sul lato notturno della Terra) a +20 °C (sul lato illuminato dal Sole). Sono inoltre stati esposti alla radiazione ultravioletta del Sole.
Generalmente nella struttura di un lichene possiamo distinguere 4 strati: cortex superiore, strato gonidiale, medulla, cortex interiore [fig. 2].
Abbiamo tre forme di crescita così suddivise:
Licheni crostosi = hanno il tallo molto sottile e strettamente appressato al sub-strato tanto che non è possibile sollevarlo da questo; Licheni fogliosi = il tallo è aderente al substrato ed è possibile sollevarlo da questo; Lichene fruticoso = ha forma tridimensionale ed è attaccato al substrato solo con una piccola parte basale. Il tempo di crescita dei licheni varia da specie a specie. Ce ne sono a crescita molto lenta come il Rhizocarpon geographicum che cresce sulle pietre, a quote elevate, al ritmo di 4 millimetri l’anno. I ricercatori hanno individuato esemplari dalla vetusta età di 9000 anni. La crescita più veloce, invece, è ad appannaggio della specie Peltigera canina che guadagna fino a 2 centimetri l’anno. Ancora, alcune specie frondose che troviamo sulle cortecce degli alberi si accontentano di crescere da 1 a 4 millimetri l’anno e vivono dai 30 ai 50 anni.In uno spazio relativamente grande (rispetto alle loro dimensioni) si può trova-re una sola specie di lichene [fig. 3], per contro, in una superficie di pochi centimetri quadrati, possono convivere parecchie specie, anche 8 come rappresentato nella figura 4:

Figura 4: rametto sulla cui corteccia si possono osservare varie specie di licheni, in questo caso 8.
La caratteristica principale dei licheni e la più importante è la loro sensibilità all’inquinamento e per tale motivo vengono considerati indicatori biologici o bioindicatori. Anche altri esseri viventi, soprattutto animali, vengono presi come tali. Ad esempio il lombrico, l’ape e la coccinella, i tricotteri e altri insetti acquatici, ecc. Che cosa hanno di particolare gli esseri viventi perché siano considerati indicatori biologici? Ecco una tabella stilata per i licheni ma può essere presa come riferimento anche per altri organismi viventi. I licheni vengono studiati e utilizzati quali indicatori biologici per la qualità dell’aria. Sono state redatte delle tabelle a tale proposito perché la sensibilità dei licheni varia da specie a specie e in base alla loro presenza in una determinata zona, si può risalire al tasso di inquinamento. Come esempio prendiamo la Lobaria pulmonaria che può resistere fino a 30 microgrammi/metro cubo di anidride solforosa, oltre tale limite il lichene muore. Così per un esemplare di Hypogymnia physodes alla base di un albero che può sopportare un tasso di anidride solforosa fino a 70 microgrammi/metro cubo. Più in alto della scala, oltre i 150 microgrammi/metro cubo, troviamo il cosi detto “deserto lichenico” ovvero un’area dove non cresce alcuna specie di lichene [vedi tabella sottostante].
Un’ultima interessante caratteristica dei licheni, a proposito della diffusione, è quella di costituire una risorsa alimentare. Infatti nella tundra dell’estremo nord, soprattutto in Scandinavia, vi sono estese aree ricoperte per chilometri e chilometri dai licheni di cui si nutrono proprio le renne e i caribù. Uno in particolare la “Cetraria islandica” è denominata con l’appellativo di “lichene delle renne”. Qui, sulle nostre montagne dell’arco alpino, è piuttosto scarsa e gli altri licheni hanno uno scarso valore alimentare per stambecchi e camosci anche se il valore proteico è alto mentre quello calorico è basso. Concludendo, studiare questa affascinante simbiosi è da molti decenni una vera e propria avventura piena di sorprese. Questo breve articolo non fa giustizia allo straordinario pianeta “lichenolandia”.