conferenze
Programma delle conferenze e delle riunioni: secondo quadrimestre 2018-2019
Il Consiglio Direttivo vi presenta il programma delle conferenze del primo quadrimestre. L’inizio degli incontri dell’Associazione è alle ore 15,30 con le comunicazioni ai soci delle eventuali novità decise dal consiglio direttivo. Inoltre si invitano i Soci a collaborare con la Direzione dell’Orto Botanico in tutte le sue attività. Gli incontri possono subire delle variazioni.
| 7 febbraio | Prof. Francisco Panteghini, “Abbraccia e difendi i tuoi alberi” |
| 14 febbraio | Dott. Prof.ssa Maria Antonietta Sinibaldi Zampaglione, “Le piante straniere nella nostra fitoterapia” |
| 21 febbraio | Dott. Salvatore Valenziano, “Paesaggi intorno a noi: paesaggi quotidiani” |
| 28 febbraio | Dott. Andrea Lezzi, “El Jardin Botanico de Miranda de Ebro” |
| 7 marzo | Dott.ssa Edda Lattanzi, “Flora e paesaggi della Cina” |
| 14 marzo | Dott. Flavio Tarquini “Storia della coltivazione della vite in Italia e la nuova Collezione di vitigni dell’Orto Botanico di Roma” |
| 21 marzo | Dott. Ugo Corrieri, “Alberi e Biomasse, tra Benefici e rischi per la Salute”. Seguirà la presentazione del nuovo libro di Margherita & Franco Tassi “Incontri con i Patriarchi Verdi” |
| 28 marzo | Dott.ssa Rosalba Laudiero Giugni- Presidente Associazione Marevivo ” Posidonia Oceanica : la regina del Mediterraneo”. |
| 4 aprile | Dott.ssa Elvira Imbellone, “Flash dal mondo verde” |
| 11 aprile | Dott. Stefano Marzullo, ” La nutrizione delle piante ( terreni, concimi naturali e chimici) ” |
| 18 aprile | Dott. Giovanni Buccomino, “Il Gingko biloba e la flora del passato”* |
| 9 maggio | Dott.ssa Flavia Calò: “La moltiplicazione delle piante ornamentali” |
| 16 maggio | Visita al Roseto comunale accompagnati dal dott. Antonello Santelli. |
| 23 maggio | Ore 15,30. Visita al Bioparco di Roma, guidati da Marcello Baragona. . |
| 30 maggio | Dott.ssa Alessandra Celant ” Archeologia e Archeobotanica nel suburbio di Roma : una lettura interdisciplinare”. |
Nota bene: le conferenze marcate da un asterisco (*) sono ancora da completare nei dettagli.
“Ginkgo biloba: considerazioni sulle piante femminili e non solo” di Ugo Laneri
Il Gingko, Ginkgo biloba L., fin dal momento della sua scoperta è stato oggetto di curiosità botanica e di venerazione, oltre che di uso ornamentale, alimentare (i semi tostati vengono mangiati ed apprezzati) ed erboristico (per la presenza di sostanze che agiscono sul microcircolo – e forse anche sui processi cognitivi – e contro i radicali liberi).
Albero senza particolari esigenze di terreno, può raggiungere i 40 m di altezza ed un’età plurimillenaria; in autunno le sue foglie ingialliscono prima di cadere e rendono la pianta spettacolare.
Esso è considerato uno dei primi alberi, una Gimnosperma*, gruppo che comprende le Conifere, ampiamente diffuse dopo il dominio delle felci arboree (cosiddette per la loro grandezza) nel Carbonifero, intorno a 330 milioni di anni fa, nell’era Paleozoica. Dallo studio di fossili risulta che varie specie della famiglia Ginkgoaceae erano molto comuni nel Triassico (circa 250 milioni di anni fa, nell’era Mesozoica), ma oggi esiste solo un’unica specie del genere Ginkgo, anzi di tutta la famiglia.
Trovato in Cina nel XVIII secolo, il Gingko era ritenuto estinto, ma si conoscevano suoi fossili, con foglie praticamente identiche alle attuali, risalenti a c.100 milioni di anni fa o più. (È molto raro trovare specie che abbiano mantenuto la stessa forma e, si suppone, la stessa fisiologia, per un periodo di tempo così lungo. Altri “fossili viventi” sono le Agathis, Araucaria araucana, le Cycas, Metasequoia glyptostroboides, Sciadopitys, Taiwania cryptomerioides, Welwitschia, Wollemia).
In Ginkgo diversi sono i caratteri di primitività: la nervatura dicotomica delle foglie, simile a quella del Capelvenere (una felce); la formazione di anterozoidi** mossi da ciglia (in necessaria presenza di un velo acquoso) e non di microspore (polline); la presenza di macrospore ovvero ovuli nudi, cioè non protetti da un ovario, che possono raggiungere i 2 cm. Questi ovuli trovano un parallelismo nei gameti femminili degli animali meno evoluti (Serpenti e Uccelli) che formano uova più o meno grandi; poi, con l’evoluzione, vi è stata una loro graduale miniaturizzazione, fino ad arrivare ad ovuli microscopici sia nelle piante “superiori” (Angiosperme o Magnoliophytae), che nei Mammiferi. Ciò per evitare un dispendio energetico inutile, nel caso non avvenga la fecondazione.
Un altro carattere considerato primitivo è il dioicismo, cioè l’esistenza di piante a sessi separati: certi individui formano gameti “maschili” (così considerati in quanto cellule mobili), altri individui invece strutture riproduttive “femminili” (in quanto immobili), cioè l’ovulo e l’oosfera (il gamete femminile che sarà fecondato). La condizione dioica è una particolarità che si trova solo in circa il 5 % delle specie vegetali superiori.
Tra le più note specie dioiche, cioè con individui “maschili” (produttori di polline, che racchiude il gamete maschile, ridotto al solo nucleo spermatico aploide) e “femminili”, cioè portatori di ovuli (che una volta fecondati formeranno frutti) troviamo l’Agrifoglio, l’Actinidia ed il diffuso Alloro.
Altre piante dioiche quali le Cycas, il Tasso e lo stesso Ginkgo non formano frutti, essendo prive di ovario, ma solo semi talvolta avvolti da una polpa (come accade nel Tasso e nel Ginkgo), tanto da somigliare a piccoli frutti.
I semi del Ginkgo (prodotti dalle piante femminili adulte), quando cadono a terra, sono ricoperti appunto da un involucro carnoso, formante uno pseudofrutto, che secondo alcuni avrebbe la funzione di essere mangiato dagli animali per la dispersione della specie. Io propongo un’altra ipotesi: premesso che gli pseudofrutti caduti da poco o contengono un embrione non ancora maturo, oppure non sono stati affatto fecondati (vedi oltre il loro destino), secondo me essi devono emanare un forte fetore, cioè essere repellenti per gli animali, finché non si completa l’embriogenesi e la maturazione del seme (ci vuole fino a un paio di mesi); ciò per evitare di essere mangiati prima del tempo e consentire solo allora la dispersione di semi maturi fertili. Quindi gli pseudofrutti sono carnosi non per essere mangiati, ma per altro motivo. È da notare che a carico della polpa esterna avviene una fermentazione, responsabile appunto della produzione di sostanze maleodoranti*** (tra cui gli acidi butirrico e caprilico); secondo me essa ha anche lo scopo di assicurare una temperatura relativamente mite al seme in maturazione, anche se il clima diventa fresco, e permettere così un regolare sviluppo embrionale.
Ciò è in accordo con quanto si raccomanda per far germinare i loro semi: serve un soggiorno sotto pacciamatura, per evitare la disidratazione, a una temperatura di c. 20°C. (Poi deve seguire un periodo di “vernalizzazione”in frigo, o l’esposizione al normale clima invernale).
Recentemente ho avuto un’altra informazione preziosa dal Botanico Prof. Fernando Tammaro: gli ovuli non fecondati spesso vanno incontro a partenogenesi, cioè producono anch’essi semi, che però daranno origine solo a piante femminili.
Si potrebbe qui speculare come mai il Ginkgo non si sia ulteriormente evoluto; evidentemente non vi sono state spinte evolutive abbastanza forti, ma è da notare che esso aveva già raggiunto un alto grado di evoluzione per poter sopravvivere: infatti è fornito di un buon arsenale di sostanze chimiche, che gli assicurano una buona resistenza sia a parassiti animali, che a microrganismi. Inoltre sopporta bene l’inquinamento atmosferico e anche dosi elevate di radiazioni ionizzanti (6 esemplari, distanti 1-2 km dal punto in cui cadde la bomba atomica a Hiroshima nel 1945, vivono ancora).
Ultima considerazione sulle foglie di Ginkgo e sull’attributo specifico “biloba”, conseguente ad osservazioni effettuate su diversi individui nel tempo: siamo di fronte ad un caso di eterofillia temporale (di fase). Solo le foglie delle piante giovani e talvolta di rami giovani sono bilobate, mentre le foglie di piante adulte generalmente sono a ventaglio e non bilobate. È da notare che le piante di Ginkgo ottenute da seme da Linneo erano giovani, quando ha denominato la specie, quindi con foglie bilobate.
Infine, può darsi che il momento della caduta delle foglie, a parità di altri fattori, dipenda dal sesso o da altra caratteristica genetica: a novembre 2017 ho visto a Villa Pamphilj a Roma due Ginkgo vicini; uno senza pseudofrutti, quindi verosimilmente maschile, era ancora tutto verde, mentre l’altro, pieno di pseudofrutti, quindi femminile, aveva tutte le foglie giallo-dorate.
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* Piante più antiche, a semi “nudi”, cioè non coperti da tessuti dell’ovario; ma secondo alcuni botanici Ginkgo va collocato in una divisione a parte, quella delle Ginkgophytae
** Gamete maschile mobile di piante primitive come Felci ed Equiseti
*** Perciò nei giardini o nei viali si preferisce piantare individui maschili di Ginkgo (ottenuti tramite propagazione vegetativa, cioè generalmente mediante margotta)
Programma delle conferenze e delle riunioni: primo quadrimestre 2018-2019
Il Consiglio Direttivo vi presenta il programma delle conferenze del primo quadrimestre. L’inizio degli incontri dell’Associazione è alle ore 15,30 con le comunicazioni ai soci delle eventuali novità decise dal consiglio direttivo. Inoltre si invitano i Soci a collaborare con la Direzione dell’Orto Botanico in tutte le sue attività. Gli incontri possono subire delle variazioni.
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ore 15:30 Apertura dell’anno sociale. Iscrizione dei soci. Presentazione del programma. |
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Dott.ssa Miriam Lorenzani, “Tecniche di depurazione naturopatiche“. |
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Dott. Marco Stefanelli, “I tappeti erbosi“. |
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Dott. Antimo Palumbo, “Curiosità e segreti di alcune piante straordinarie“. |
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Prof. Roberto Casalini, “I tetti verdi come compensazione ambientale“. |
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ANNULLATA PER INDISPONIBILITA’ DELLE AULE Prof.ssa Maria Antonietta Sinibaldi Zampaglione, “Le piante straniere nella nostra fitoterapia“. |
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Dott. Antonello Santelli, “Le rose e i tulipani“. |
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Dott. Luca Recchiuti, ”Giardini di acclimatazione e tecniche di acclimatazione delle piante tropicali”. |
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Dott.ssa Anna Lisa Somma, “Tra fogli e foglie: siepi, giardini, orti nella letteratura italiana”. |
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ore 15:30 Assemblea dei soci. ore 16:15 Prof.ssa Maria Antonietta Sinibaldi Zampaglione, “Le piante straniere nella nostra fitoterapia“. |
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ore 15:30 Prof. Franco Tassi, “Alberi e Foreste. Natura da salvare”. |
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Dott. Antonello Santelli, “Le rose e i tulipani. Seconda parte (teoria e pratica)”. |
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Dott. Riccardo Graziosi, “‘Orchidee del Lazio’. In viaggio con il Coleman dall’Appia al M. Autore”. |
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Prof. Enrico Migliaccio, “Biodiversità sempre più a rischio. Perché piante e animali |
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“Impollinazione” di Enrico Migliaccio
Il fenomeno dell’ impollinazione, ovvero della fecondazione incrociata dei fiori a opera degli animali, degli insetti in particolare, è uno dei più straordinari casi di interazione, che ha comportato modifiche negli apparati boccali degli insetti e nelle strutture dei fiori. Questi ultimi attirano gli impollinatori con il profumo, con i colori e con le forme, offrendo loro il nettare e approfittando per ricoprirli di polline, elemento maschile, da trasferire sugli ovuli femminili fecondandoli. La forma più primitiva di impollinazione è quella affidata al vento (Anemofila) o all’acqua (Idrofila), quella più evoluta riguarda l’impiego di animali (Zoofila), tra questi uccelli e pipistrelli , ma insetti per la grande maggioranza. Tra questi gli Imenotteri (api e bombi) sono impegnati al 47%, seguono i Ditteri (mosche e sirfidi) al 26 %, Coleotteri (scarabei e cerambici) al 15 % e infine i Lepidotteri (farfalle e falene) al 10 %.
Ma quando è nata questa complessa evoluzione che ha portato a risultati così clamorosi?
Circa 141 milioni di anni fa, nel periodo Giurassico del Mesozoico, quando i Dinosauri dominavano sulle terre emerse, gli impollinatori primitivi, coleotteri e mosche erano già diversificati. Le prime piante appartenevano alle Gimnosperme (con ovuli non avvolti del tutto dall’ovario e semi nudi), Conifere, come i pini e gli abeti; con l’avvento delle prime piante fiorifere le falene sono in grado di mangiare il polline, ha inizio la prima irradiazione delle Angiosperme (ovuli coperti nell’ovario e semi chiusi nel frutto). Nel periodo Cretaceo i fiori, simili a quelli delle magnolie, sono impollinati ancora da insetti primitivi, ma verso la fine di questo periodo che segnava la scomparsa dei Dinosauri, circa 65 milioni di anni fa, in occasione di una seconda diversificazione delle Angiosperme, compaiono i primi fiori più evoluti, farfalle in grado di nutrirsi di nettare e probabile origine delle api.
Nei primi periodi del Cenozoico troviamo fiori a simmetria bilaterale, a forma di scovolo e con corolle tubolari e quindi un’ esplosione di impollinatori specializzati.
Attualmente alcune piante sono strettamente anemofile, come le Conifere e le Graminacee, altre prevalentemente anemofile come la vite e l’olivo, ma la maggior parte preferisce affidarsi agli insetti. Nell’economia della Natura l’impollinazione affidata al vento comporta una notevole produzione di polline, di energia e anche uno spreco eccessivo, quella operata dagli insetti è più selettiva, con minimo impegno energetico e ridotti sprechi.
Ma osserviamo più da vicino gli impollinatori più efficaci, abbiamo citato i Ditteri Sirfidi, quelle curiose mosche colorate di giallo e nero, simili a pericolose vespe, ma del tutto innocue, comunque gli appartenenti all’ordine degli Imenotteri, come gli Apoidei sono indubbiamente quelli maggiormente utili nelle pratiche agricole. Api, Bombi, Andrene, Antofore, Xilocope e tanti altri. Tra questi distinguiamo specie sociali, che vivono in colonie come le api e i bombi, da quelle solitarie.
La raccolta di polline può essere effettuata dalle bottinatrici su piante di diverse famiglie, su piante appartenenti a una sola famiglia o quelle specializzate al massimo, su un solo genere o su una sola specie botanica.
Anche gli Apoidei selvatici possono contribuire all’ottenimento di un raccolto migliore nell’interesse degli agricoltori e allevabili con particolari accorgimenti. Utilizzati per le colture protette (serre) o in campo impollinano efficacemente alberi da frutto, erba medica, trifoglio, cavolo e altre Brassicacee, pomodoro e altre Solanacee, fragole e altre Rosacee. I vantaggi sono assicurati da una migliore qualità e quantità della produzione e dalla riduzione dei costi dei fitoregolatori .
Ma ci chiediamo spesso come gli impollinatori vedono il colore dei fiori: in un modo molto diverso da noi, poiché lo spettro visivo permette loro di distinguere l’ultravioletto, oltre al giallo, al verde, al blu e al viola. Inoltre i petali di molti fiori sono attraversati da linnee, ben visibili ai loro occhi, che indicano la strada da seguire per raggiungere il nettario, sono chiamate le vie del nettare.
Ma quanti dispositivi hanno messo in campo i fiori per attrarre gli insetti con il nettare e trasferire il polline?
Ce ne sono di veramente ingegnosi, che neanche la fantasia pìù spinta avrebbe potuto immaginare. Il meccanismo a leva della salvia, quello violento a scatto della ginestra, quello a tre entrate del giaggiolo, quello a trappola del gigaro, quello a scuotimento del corbezzolo e quello a pompa del fiordaliso. Ma le orchidee superano tutti in originalità: hanno trasformato un labello del loro perigonio (le orchidee non hanno petali ma un perigonio formato da sepali) che imita l’addome di un Imenottero nella forme e nel colore, così da attrarre i maschi dell’Eucera, i quali, ingannati dalla somiglianza con la propria femmina, si precipitano nella foga della copula e l’orchidea ne approfitta per sparargli sulla testa i suoi sacchi pollinici che porteranno nel prossimo fiore visitato. Si tratta quindi di un fiore chiamato feticcio.
L’uso sconsiderato dei pesticidi oggi mette a repentaglio il meraviglioso mondo degli impollinatori, rischiando la scomparsa di tante specie indispensabili per la sopravvivenza dell’uomo e per i delicatissimi equilibri della Natura. Il rischio gravissimo è quello di distruggere in pochi anni, quello che l’Evoluzione ha operato in 141 milioni di anni!
“Due Giardini botanici al cospetto del Re” di Andrea Lezzi
I due giardini botanici richiamati nel titolo si trovano nel basso Piemonte e precisamente in provincia di Cuneo il Giardino botanico “Villa Bricherasio” ed in provincia di Torino il Giardino botanico alpino “Bruno Peyronel”.
Sono entrambi accomunati dal fatto di essere alle falde del Monviso che, secondo una antica leggenda del luogo, era soprannominato “il Re di pietra” del titolo.
Il Monviso si erge infatti, dall’alto dei suoi 3841 metri slm e per la sua forma piramidale, come un vero Re di roccia ed è ben visibile nella sua imponenza dall’intera pianura piemontese. È stato tra l’altro considerato fino a pochi secoli orsono come la più alta montagna di tutte le Alpi proprio per la sua imponenza e visibilità.
Il Giardino botanico “Villa Bricherasio” si trova a Saluzzo a 340 metri slm su una superficie di 12.000 mq.
È di proprietà di Domenico Montevecchi, ex frutticultore ed esperto botanico, che ha pian piano espiantato tutti i suoi alberi da frutta presenti ed ha creato da circa 25 anni a questa parte uno splendido giardino aperto al pubblico da circa dieci anni dove sono presenti piante provenienti dai quattro angoli del mondo.
Sono divise in zone fitoclimatiche diverse: quella della flora mediterranea, quella temperata fredda e quella continentale.
Si va dall’Alpinetum dove sono presenti più di mille tra Crassulacee, Sempervivum oltre a varie altre specie. Tali piante vegetano senza bisogno di interventi anche a livello irrorativo.
Vi sono poi bambù, palme, una collezione di rose, l’orto ed una parte a frutteto.
Da segnalare alberi quali il banano di montagna (Asimina triloba) ed il banano porpora dell’Abissinia (Musa ensete maurelii), l’albero del miele (Evodia danielli), la Ptelea trifoliata.
Rimarcabili infine una gigantesca Gunnera manicata e le piante acquatiche quali Nelumbo nucifera, Victoria regia amazonica ed Euryale ferox, queste ultime due generalmente coltivate in Italia in serra e solo qui all’aperto.
Sono stati mostrate immagini del primo rifugio costruito dal CAI sulle Alpi italiane, il Rifugio Alpetto situato a 2368 metri slm, ora restaurato ed adibito a museo nonché il “Buco di Viso”, primo traforo alpino delle Alpi aperto nel lontano 1480 a circa 2900 metri slm per facilitare lo scambio delle merci tra il Marchesato di Saluzzo e la Provenza francese.
Il Giardino botanico alpino “Bruno Peyronel” si trova invece in Valle Pellice a 2290 metri slm su una superficie di circa 17.000 mq.
Si tratta di un giardino inserito nell’oasi del Barant ed anch’esso diviso in zone: salici, valletta nivale, creste alpine esposte, pascoli alpini, margini lacustri e zona umida.
Tra le oltre 300 specie presenti ricordiamo come esempi il Salix serpillifolia, diversi esemplari di trifoglio tra i quali il Trifolium badium, l’Aster alpinum, la Nigritella corneliana (orchidea presente nelle sole Alpi francesi e sulle Alpi Cozie) ed il fiordaliso alpino (Centaurea nervosa).
“Luoghi e segreti a due passi da Roma” di Luigi Plos
E’ possibile scaricare il numero monografico del magazine ParchiLazio.it dedicato ai luoghi segreti a due passi da Roma, curato da Isabella Pratesi e Luigi Plos, cliccando qui.
“Origine ed evoluzione delle piante terrestri” di Franco Bruno
Cliccando qui è possibile scaricare la relazione della conferenza del prof. Franco Bruno, dedicata alle piante terrestri.
Programma delle conferenze e delle riunioni: secondo quadrimestre 2017-2018
Il Consiglio Direttivo vi presenta il programma delle conferenze del primo quadrimestre. L’inizio degli incontri dell’Associazione è alle ore 15,30 con le comunicazioni ai soci delle eventuali novità decise dal consiglio direttivo . Inoltre si invitano i Soci a collaborare con la Direzione dell’Orto Botanico in tutte le sue attività.
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Dott. Roberto Grassetti, “Il percorso alimentare dagli Ominidi ai tempi attuali” |
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Dott. Stefano Marzullo, “Le principali malattie delle piante: conoscerle e combatterle con rimedi naturali”. |
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Dott. Luigi Plos, “Luoghi e segreti a due passi da Roma” |
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Prof. Franco Bruno, “Origine ed evoluzione delle piante terrestri.” |
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( Dott.ssa Elvira Imbellone, “Olanda: i giardini storici, lo stile contemporaneo e i vivai”) Rinviata ad altra data causa maltempo. |
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Dott. Andrea Lezzi, “Due giardini botanici al cospetto del re” |
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Dott. Giovanni Buccomino, “Giardino diffuso per la città: temi ed elementi compositivi” |
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Dott.ssa Flavia Calò, “I giardini verticali: dal piccolo al grande” |
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h 16-Prof. Franco Tassi- Presentazione libro ” Gli Alberi Sacri – h 16,20 Dott. Guido Lombardi, “Ricordando l’ Amico degli animali”.Ricordo vivo del pioniere TV Angelo Lombardi. |
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Dott.ssa Doretta Simoni, “Utilizzazione magica e terapeutica dell’Anastatica Hierochuntica L.” |
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h 15,30- Concorso fotograficoe h 16,20 dott. Ugo Laneri ” Piante ed ambiente: alcune relazioni tra esse ed il mondo inorganico ed organico”. |
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Dott. Marcello Zampetti, “Gli alberi e i loro segreti” |
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Dott. Flavio Tarquini, ” Goethe Botanico e l’ Italia” |
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Assemblea dei soci , a seguire h 16,20 conferenza della dott.ssa Elvira Imbellone,” Olanda: i giardini storici, lo stile contemporeo e i vivai”. |
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Dott. Antonio Viglietto, ” Il giardino giapponese a Garbatella” |
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Dott.ssa Elisabetta Aloisi Masella, Visita al Museo Giuseppe Sergi de La Sapienza ” Il percorso evolutivo dell’ uomo” |
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Dott.ssa Alessandra Celant, ” La vela in fondo al mare: resti archeologici e vegetali da relitti del Mediterraneo” |
Gli incontri possono subire delle variazioni.
“Le piante d’appartamento, coltivarle con successo” di Marco Stefanelli
E’ possibile scaricare la presentazione in formato Power Point dell’intervento del dott. Stefanelli cliccando su questo titolo: Coltivazione in vaso















